Manuale di conservazione del vino
Fonte: L’Espresso
Il tema della conservazione dei vini mi ha sempre affascinato, qua e là anche disorientato e irritato. Mi ha soprattutto sorpreso: le eccezioni alle leggi canoniche* sono numerose e talvolta di stupefacente incomprensibilità.
Un esempio. Quando nel 2001 i fratelli Henri e Remy Krug vennero in Italia
in occasione dei festeggiamenti per la loro quarantesima vendemmia (in particolare, la quarantesima e conclusiva vendemmia dell’enologo, Henri),
nel corso di un pranzo Remy mi descrisse un fatto bizzarro. Aveva regalato
a un’amica romana una bottiglia di Krug millesimato. Invitato a cena molti anni dopo dalla sua conoscente, aveva scoperto con sbalordimento la suddetta bottiglia troneggiare in piedi sopra la cappa della cucina. “Ah, è sempre stata lì”, gli aveva orribilmente confermato l’amica. Bene, una volta aperta, “per puro sport ovvero per autolesionismo”, il vino si era rivelato molto in forma, per essere stato tenuto un decennio a beccarsi il calore e la luce di una cucina.
Ecco quindi un riassunto in forma di breve manuale sulle passate e presenti
esperienze conservative. *La triade temperatura contenuta/buona umidità/oscurità rimane centrale per non rovinare la propria collezione.
Ma nel dettaglio i relativi paletti non sono tanto vincolanti quanto sostiene
la teoria classica.
La temperatura non deve per forza di cose essere immobile, anzi tenere tutti
i tipi di vini ai canonici 12 gradi – implacabilmente fissi – può rivelarsi
un “ingessatura” troppo stretta per rossi tannici e molto alcolici; nel senso che può rallentare anche troppo la loro evoluzione. Se un vino “sente” una leggera variazione stagionale, grosso modo nella forbice tra 14 e 18 gradi, evolve
in media più armoniosamente. Per vini mossi, Champagne e bianchi è preferibile che il valore massimo rimanga entro i 17-18 gradi, ma se la vostra cantina raggiunge d’estate i 20-21 gradi non angosciatevi, matureranno più rapidamente ma certo (con poche eccezioni per gli individui più fragili)
non saranno da buttare dopo pochi mesi.
Allo stesso modo, l’oscurità non deve essere per forza quella di una caverna appenninica, se filtra una tenue luce diurna i vini moderni non ne soffrono
di sicuro.
E passiamo al dato che suonerà forse più sorprendente ai non monomaniaci. Secondo numerose evidenze empiriche il parametro più importante nella conservazione dei vini è quello dell’umidità relativa. Più elevata è, più lentamente evolve il vino. Anzi, ecco un apparente paradosso: tra una cantina
a 12 gradi fissi e a umidità di circa il 60%, e una cantina a 20 gradi a umidità del 90%, per molte tipologie di vino è preferibile quest’ultima.
Certo, come molti sanno sopra il 75-80% di umidità relativa le etichette spesso si rovinano, soprattutto se c’è nel locale poca o nessuna ventilazione. Ma basta qualche centimetro di pellicola trasparente per proteggerle efficacemente anche per un decennio e oltre.
Altro elemento importante, l’assenza di vibrazioni. Sul concetto di vibrazione bisogna intendersi: è vero che ogni vibrazione è un rumore, e che ogni rumore è una vibrazione, e che quindi anche un piccolo ronzio potrebbe “affaticare”
il vino, ma è anche vero che nei fatti bisogna difendere il vino da fenomeni
ben più consistenti: se il locale che avete prescelto confina con la linea B della metropolitana, o con un bowling, conviene di sicuro trovarne un altro.
Qualche frattaglia minore. Bottiglia coricata o in piedi? La risposta sembra ovvia, se poco poco si conosce il vino, cioè: coricata, per mantenere il tappo elastico. Eppure, se la cantina è molto umida, è curioso osservare come questa variabile sia tutto sommato secondaria… e diventi soprattutto una questione
di razionalizzazione dello spazio. Quanto agli odori estranei, no a vernici, solventi, sostanze chimiche in genere nei pressi delle bottiglie; ma qualche salume appeso qua e là – se proprio non si trova un altro posto – difficilmente ha modo di danneggiare un vino. “
Articolo di Fabio Rizzari e Ernesto Gentili